Chi siamo
Seduti nel dehors del Solferino, sorseggiano un gin tonic guardando la splendida piazza. E’ fine settembre, l’autunno ha deciso di giocare con il foliage, ma la temperatura è ancora mite, l’aria tiepida e la luce del sole ancora piacevolissima sulla pelle.
Non fosse per i colori, potrebbe sembrare uno scherzo del calendario…
Simone, da anni il direttore del ristorante, sente un brivido nel ricordare l’anno che ha risvegliato Torino, il 2006. Per lui è stato un anno speciale, ma lo è stato anche per Andrea, il proprietario della struttura, titolare dell’Ambrogini group, che lo stuzzica con domande su quel periodo.
E’ arrivata dopo tanti rinvii la metropolitana, si sono decise modifiche urbanistiche che cambieranno molte parti della città, l’atmosfera è elettrica come mai sotto la mole.
Forse è dal 1961, dall’esposizione del centenario dell’Unità d’Italia, che i torinesi non vedevano così tanto messo alla prova il loro sabaudo understatement!
Andrea: “Simone, ma te lo ricordi di quando qui in piazza ci avevano messo i “Gianduiotti”?”
Simone: “Cavolo, non me lo ricordavo più! Come si chiamavano quei padiglioni? Atrium? Forse la piazza un po’ la soffocavano, ma non erano mica brutti…Erano di Giugiaro, vero?”.
Andrea: “Si credo di si, ma a me sinceramente non piacevano molto. Quando sono venuto qui le prime volte a discutere l’acquisto del Solferino erano nuovissimi…”
Simone: “Sai che me lo ricordo ancora quando mi hai parlato la prima volta del Solferino? Non era molto che lavoravo per voi, poco più di un anno. Avevo iniziato al Monferrino, a marzo del 2006. Che anno strano! Pensavo da mesi alle olimpiadi, volevo godermi tutte le gare, stare sveglio 24 ore al giorno, non perdere nulla…e invece, il primo marzo avevo iniziato al Monferrino…”
Andrea: “Già il Monferrino era un gioiello, con quella sala centrale…ricordo che quando avevo visto la struttura la prima volta a San Mauro avevo pensato, qui non voglio un dehors, qui voglia una grande sala luminosa! I clienti avevano apprezzato subito, ma farlo decollare non era stato mica così facile…”
Simone: “Dillo a me! Me lo ricordo sai, a settembre, 6 mesi dopo l’assunzione, come ti tremava la voce quando mi hai detto che non potevi più tenermi, che dovevo guardarmi intorno… Poi, chissà cosa successe… Ricordo che in pausa ero andato sul ponte vecchio di San Mauro.
Una sigaretta durata un minuto, un’ora, forse un anno. Pensavo guardando in lontananza la Mole, che in fondo il mondo era ingiusto, che in quei mesi avevo dato l’anima. Che non poteva finire così. Poi…Puff, quella sera in sala, non so, forse i clienti mi avevano ascoltato, forse si erano messi d’accordo. Di sicuro ricordo che da quella sera fu un successo, avevamo sempre il pienone. Marco, con la sua forza calma, ogni giorno di più mi rassicurava. E io di lui mi fidavo: era stato il primo lì al Monferrino, lo avevi voluto dal primo giorno. E lui mi diceva di star tranquillo, che avremmo vinto noi, che il Monferrino si sarebbe riempito ogni sera…”
Andrea [ridendo]: “Beh, se lo diceva Marco, Ahahahah! Comunque, tu dici a me, della mia voce tremante, ma te lo ricordi quando ti ho detto che volevo farti diventare il Direttore del nuovo Solferino? Ahahahah”
Simone: “ridi, ridi. Me la stavo facendo sotto. Cavolo! E mi ricordo anche quando poi, l’anno dopo, nel 2008, mi hai detto: “Benvenuto nella stanza dei bottoni!”. Era tutto così incredibile. E sono passati 10 anni…Avevo vent’anni”
IN PIAZZA SOLFERINO TRA LEHMAN BROTHERS e OSTENSIONE
Andrea: “Beh, fu una sfida anche quella. E mica solo per dividersi tra Monferrino e Solferino…Il Solferino era un locale storico. In centro ci andava la “Torino bene”, i personaggi più in vista della città. E noi, in punta di piedi, dovevamo sostituire una gestione storica…”
Simone: “Ogni volta che iniziava un servizio, mi affacciavo in sala e pensavo: sapremo far bene anche oggi? Ahahahah”.
Andrea: “Però noi stare tranquilli mai, proprio mentre stavamo ingranando, ci arriva addosso la crisi americana.”
Simone: “Non ti lamentare, dai! I primi mesi è vero, paura a 1000 e sala che si svuotava, ma poi nel 2009 eravamo tornati forti! E poi anche l’Ostensione del 2010…”
Andrea: “Cavolo, era in quel periodo che avevi tirato fuori dal cilindro la storia del 7 su 7. In fondo ti ho sempre voluto bene (ride fragorosamente)”
Simone: “Ci avevo pensato un sacco a quella storia. Mi sembrava uno spreco non tenere aperto tutti i giorni pranzo e cena in un clima così vivo, in una piazza così bella. Ma avevo paura che la crew la prendesse malissimo, che il sacrificio della domenica fosse considerato “sacrilegio”. Ricordi? Ti dissi che quello doveva essere il NOSTRO Solferino. Un Solferino 7 su 7 – 365 giorni l’anno.”
Andrea: “La verità? Quella tua idea fu importante per decidere di acquistare l’Agrifoglio…Volevo poter lavorare su una piattaforma di tre locali e sinceramente, con l’Agrifoglio vedevo chiudersi il cerchio”.
I RISTORANTI IN CENTRO E LA “TRASFORMAZIONE ARGENTINA” DI MONFERRINO
Simone: “Una bella operazione davvero, anche se fece venire a galla tutta la necessità di far ripartire il Monferrino. Ci stavo male a vederlo ormai con pochi clienti, quasi tutti proiettati a scoprire i locali in centro…”
Andrea: “eh, lo sai, ci ripenso ancora adesso. Un pugno nello stomaco vedere quel 1 gennaio 2013 servire l’ultimo servizio al Monferrino. Certo, l’idea di trasformarlo in un ristorante tipico argentino mi piaceva parecchio, ma fu proprio dura…”
Simone: “Beh, il Volver ci ha portato un sacco di colore, allegria e devo dire, anche la consapevolezza che il team di Andrea Ambrogini non sapeva vendere solo Raviolini del plin e Battute di carne cruda.”
Andrea: “Hai ragione, è sempre difficile spiegarlo, ma il nostro lavoro è una combinazione quasi chimica. Che se poi un cliente si trova bene, non è mica solo per quello che gli prepari.”
Andrea e Simone restano un po’ in silenzio, sorseggiano con calma la fine del cocktail e vedono rapidamente la luce cambiare, i riflessi diventare più caldi nei colori, le ombre più lunghe.
Andrea: “A ripercorrerla tutta, ne abbiamo fatta di strada, eh? E domani?”
Simone: “Andre, vuoi la mia? Non lo so!!!!”
[Ridono entrambi fragorosamente]
DOMANI, PARTENDO DA PIAZZA SOLFERINO
Simone: “Tu pensa però, che dopo aver venduto Agrifoglio, dato in gestione Volver, ci ritroviamo qui al Solferino, come fossimo all’inizio di un nuovo ciclo! Secondo me è proprio questo alla fine il nostro modo di essere Ambrogini Group, il nostro imprinting. Non trovi?”
Andrea: “Hai ragione, ma ogni volta che ripassi per una decisione importante, è come se quelle precedenti fossero ormai lontane. Pensa a questo Dehors, pensa a come ci ha aperto un panorama sulla piazza, pensa alla versione verandata, pensa alle limitazioni di oggi, pensa a come potremmo ripensarlo domani. Non so, forse hai ragione tu, quando ti ritrovi in un posto a ripensare a più di dieci anni di impresa, ti senti carico e sei a caccia di nuove sfide…”
Simone: “Nuove sfide? Andrea…mi devi dire qualcosa?”

Chi siamo
Seduti nel dehors del Solferino, sorseggiano un gintonic guardando la splendida piazza. E’ fine settembre, l’autunno ha deciso di giocare con il foliage, ma la temperatura è ancora mite, l’aria tiepida e la luce del sole ancora piacevolissima sulla pelle.
Non fosse per i colori, potrebbe sembrare uno scherzo del calendario…

LE OLIMPIADI, IL MONFERRINO E IL SOLFERINO
Simone, da anni il direttore del ristorante, sente un brivido nel ricordare l’anno che ha risvegliato Torino, il 2006. Per lui è stato un anno speciale, ma lo è stato anche per Andrea, il proprietario della struttura, titolare dell’Ambrogini group, che lo stuzzica con domande su quel periodo.

Il 2006, l’anno che ha portato a Torino le olimpiadi, trasformando la città in una moderna ed efficiente piccola capitale dello sport.
E’ arrivata dopo tanti rinvii la metropolitana, si sono decise modifiche urbanistiche che cambieranno molte parti della città, l’atmosfera è elettrica come mai sotto la mole.
Forse è dal 1961, dall’esposizione del centenario dell’Unità d’Italia, che i torinesi non vedevano così tanto messo alla prova il loro sabaudo understatement!

Andrea: “Simone, ma te lo ricordi di quando qui in piazza ci avevano messo i “Gianduiotti”?”
Simone: “Cavolo, non me lo ricordavo più! Come si chiamavano quei padiglioni? Atrium? Forse la piazza un po’ la soffocavano, ma non erano mica brutti…Erano di Giugiaro, vero?”.
Andrea: “Si credo di si, ma a me sinceramente non piacevano molto. Quando sono venuto qui le prime volte a discutere l’acquisto del Solferino erano nuovissimi…”
Simone: “Sai che me lo ricordo ancora quando mi hai parlato la prima volta del Solferino? Non era molto che lavoravo per voi, poco più di un anno. Avevo iniziato al Monferrino, a marzo del 2006. Che anno strano! Pensavo da mesi alle olimpiadi, volevo godermi tutte le gare, stare sveglio 24 ore al giorno, non perdere nulla…e invece, il primo marzo avevo iniziato al Monferrino…”

Andrea: “Già il Monferrino era un gioiello, con quella sala centrale…ricordo che quando avevo visto la struttura la prima volta a San Mauro avevo pensato, qui non voglio un dehors, qui voglia una grande sala luminosa! I clienti avevano apprezzato subito, ma farlo decollare non era stato mica così facile…”
Simone: “Dillo a me! Me lo ricordo sai, a settembre, 6 mesi dopo l’assunzione, come ti tremava la voce quando mi hai detto che non potevi più tenermi, che dovevo guardarmi intorno… Poi, chissà cosa successe… Ricordo che in pausa ero andato sul ponte vecchio di San Mauro.

Una sigaretta durata un minuto, un’ora, forse un anno. Pensavo guardando in lontananza la Mole, che in fondo il mondo era ingiusto, che in quei mesi avevo dato l’anima. Che non poteva finire così. Poi…Puff, quella sera in sala, non so, forse i clienti mi avevano ascoltato, forse si erano messi d’accordo. Di sicuro ricordo che da quella sera fu un successo, avevamo sempre il pienone. Marco, con la sua forza calma, ogni giorno di più mi rassicurava. E io di lui mi fidavo: era stato il primo lì al Monferrino, lo avevi voluto dal primo giorno. E lui mi diceva di star tranquillo, che avremmo vinto noi, che il Monferrino si sarebbe riempito ogni sera…”
Andrea [ridendo]: “Beh, se lo diceva Marco, Ahahahah! Comunque, tu dici a me, della mia voce tremante, ma te lo ricordi quando ti ho detto che volevo farti diventare il Direttore del nuovo Solferino? Ahahahah”
Simone: “ridi, ridi. Me la stavo facendo sotto. Cavolo! E mi ricordo anche quando poi, l’anno dopo, nel 2008, mi hai detto: “Benvenuto nella stanza dei bottoni!”. Era tutto così incredibile. E sono passati 10 anni…Avevo vent’anni”

IN PIAZZA SOLFERINO TRA LEHMAN BROTHERS e OSTENSIONE
Andrea: “Beh, fu una sfida anche quella. E mica solo per dividersi tra Monferrino e Solferino…Il Solferino era un locale storico. In centro ci andava la “Torino bene”, i personaggi più in vista della città. E noi, in punta di piedi, dovevamo sostituire una gestione storica…”
Simone: “Ogni volta che iniziava un servizio, mi affacciavo in sala e pensavo: sapremo far bene anche oggi? Ahahahah”.
Andrea: “Però noi stare tranquilli mai, proprio mentre stavamo ingranando, ci arriva addosso la crisi americana.”
Simone: “Non ti lamentare, dai! I primi mesi è vero, paura a 1000 e sala che si svuotava, ma poi nel 2009 eravamo tornati forti! E poi anche l’Ostensione del 2010…”

Andrea: “Cavolo, era in quel periodo che avevi tirato fuori dal cilindro la storia del 7 su 7. In fondo ti ho sempre voluto bene (ride fragorosamente)”
Simone: “Ci avevo pensato un sacco a quella storia. Mi sembrava uno spreco non tenere aperto tutti i giorni pranzo e cena in un clima così vivo, in una piazza così bella. Ma avevo paura che la crew la prendesse malissimo, che il sacrificio della domenica fosse considerato “sacrilego”. Ricordi? Ti dissi che quello doveva essere il NOSTRO Solferino. Un Solferino 7 su 7 – 365 giorni l’anno.”
Andrea: “La verità? Quella tua idea fu importante per decidere di acquistare l’Agrifoglio…Volevo poter lavorare su una piattaforma di tre locali e sinceramente, con l’Agrifoglio vedevo chiudersi il cerchio”.

I RISTORANTI IN CENTRO E LA “TRASFORMAZIONE ARGENTINA” DI MONFERRINO
Simone: “Una bella operazione davvero, anche se fece venire a galla tutta la necessità di far ripartire il Monferrino. Ci stavo male a vederlo ormai con pochi clienti, quasi tutti proiettati a scoprire i locali in centro…”
Andrea: “eh, lo sai, ci ripenso ancora adesso. Un pugno nello stomaco vedere quel 1 gennaio 2013 servire l’ultimo servizio al Monferrino. Certo, l’idea di trasformarlo in un ristorante tipico argentino mi piaceva parecchio, ma fu proprio dura…”
Simone: “Beh, il Volver ci ha portato un sacco di colore, allegria e devo dire, anche la consapevolezza che il team di Andrea Ambrogini non sapeva vendere solo Raviolini del plin e Battute di carne cruda.”

Andrea: “Hai ragione, è sempre difficile spiegarlo, ma il nostro lavoro è una combinazione quasi chimica. Che se poi un cliente si trova bene, non è mica solo per quello che gli prepari.”
Andrea e Simone restano un po’ in silenzio, sorseggiano con calma la fine del cocktail e vedono rapidamente la luce cambiare, i riflessi diventare più caldi nei colori, le ombre più lunghe.
Andrea: “A ripercorrerla tutta, ne abbiamo fatta di strada, eh? E domani?”
Simone: “Andre, vuoi la mia? Non lo so!!!!”
[Ridono entrambi fragorosamente]

DOMANI, PARTENDO DA PIAZZA SOLFERINO
Simone: “Tu pensa però, che dopo aver venduto Agrifoglio, dato in gestione Volver, ci ritroviamo qui al Solferino, come fossimo all’inizio di un nuovo ciclo! Secondo me è proprio questo alla fine il nostro modo di essere Ambrogini Group, il nostro imprinting. Non trovi?”
Andrea: “Hai ragione, ma ogni volta che ripassi per una decisione importante, è come se quelle precedenti fossero ormai lontane. Pensa a questo Dehors, pensa a come ci ha aperto un panorama sulla piazza, pensa alla versione verandata, pensa alle limitazioni di oggi, pensa a come potremmo ripensarlo domani. Non so, forse hai ragione tu, quando ti ritrovi in un posto a ripensare a più di dieci anni di impresa, ti senti carico e sei a caccia di nuove sfide…”
Simone: “Nuove sfide? Andrea…mi devi dire qualcosa?”