Il bonèt è un budino di antichissima tradizione, tipico del Piemonte, a base di uova, zucchero, latte, liquore (solitamente rum) e amaretti secchi. Può presentarsi con o senza cioccolato o cacao.
Il bonet, che si pronuncia bunèt, ha origini molto antiche ed è il più tradizionale dolce piemontese, precisamente delle Langhe, una regione storica del Piemonte situata a cavallo delle province di Cuneo e di Asti, confinante con altre regioni storiche ossia il Monferrato e il Roero e costituita da un esteso sistema collinare. In piemontese il termine bonet significa cappello e nell’antichità rappresentava il berretto da notte.
Tra le numerose e pittoresche ipotesi sulle reali origini del nome le più valide sono due.
La prima è l’interpretazione espressamente indicata nel vocabolario piemontese/italiano di Vittorio Sant’Albino del 1859 e collega il nome alla forma dello stampo, originariamente in rame, dentro al quale veniva preparato il dolce, tecnicamente bonèt ëd cusin-a, cappello da cucina.
La seconda, considerata la più curiosa ma anche la più accreditata, soprattutto nelle Langhe, sostiene che il bonet sia stato chiamato così in quanto tradizionalmente veniva servito al termine di ogni pasto, come “cappello” a quanto si era avidamente mangiato fino a quel momento e in aggiunta, il riferimento, è anche indirizzato al fatto che prima di uscire di casa, dal ristorante o da qualsiasi locale, l’ultimo indumento indossato era ed è appunto il bonet, il cappello.
Pensate che alcuni documenti fanno riferimento al dolce o ai suoi parenti più prossimi come tradizionali già nei banchetti del XIII secolo.
Il bonèt viene preparato e cucinato con la medesima tecnica che si usa per i dolci della famiglia delle Crème caramel, diffusi in tutta Europa. Il Bunet tradizionale piemontese, fatto in casa dalle nonne, non era a base di Rhum, ma di Fernet, perché, terminato il pasto, il Fernet serviva per sveltire la digestione. Veniva anticamente preparato dalle nonne per il giorno de festa: il sabato pomeriggio, infatti, si preparava il pane e lo si coceva nel forno a legna. Terminato di cuocere il pane le nonne si dedicavano alla preparazione del bonet: si sbattevano a freddo uova, latte, zucchero, amaretti, rhum ed eventualmente cacao. Si poneva sul fuoco lo stampo in cui il budino andava cotto vi si versava dentro dello zucchero e si faceva caramellare rivestendo completamente il fondo e i bordi. Si travasava quindi il composto di uova e latte nello stampo, lo si poneva a bagnomaria e si infornava smettendo di aggiungere legna per fare in modo che il calore residuo cocesse dolcemente il budino che risultava pronto quando era rappreso. Il dolce ormai freddo veniva servito l’indomani, al termine del pranzo domenicale quando la famiglia era riunita per celebrare il giorno di festa.
Esistono però sostanzialmente due tipi differenti di bonèt. Il bonèt tradizionale, oggi meno diffuso, è detto alla monferrina perché non presenta né cacao né cioccolato, ma solo uova, latte, zucchero e amaretti. Diversi documenti delle corti minori del Piemonte indicano come il dolce o suoi parenti molto prossimi fossero già tradizionali nei banchetti del XIII secolo.
Con l’ingresso, nelle cucine ricche, di nuovi ingredienti dalle colonie sudamericane il dolce cominciò a presentare la variante con cui oggi lo si conosce: quella al cioccolato.
Si racconta che le prime fave di cacao siano arrivate in Piemonte con i bagagli di Emanuele Filiberto nel 1559, al ritorno dalle guerre di S. Quintiliano, in favore di Carlo V e dopo la pace di Chateau Chambrésis.
Il Duca le affidò ai suoi cuochi e pasticceri, i quali seppero trarne cose mirabili.
Già nel ‘600 si trova memoria a Torino della nascita di aziende per la fabbricazione e la vendita del cioccolato, prodotto allora quasi solo in forma liquida, come bevanda.
In questa veste, scura e di gusto deciso, viene spesso presentato con una decorazione di amaretti interi sulla parte superiore. Alla diffusione del dolce ha contribuito la massiccia presenza sul territorio piemontese di mandorleti e di noccioleti. In alcune varianti provinciali, infatti si usano biscotti di nocciola e non di mandorla.
Altre varianti prevedono l’aggiunta di caffè, di cognac al posto del rum, e di nocciole del tipo tonda gentile delle Langhe, di cui il Piemonte è produttore ed esportatore.
E se volete abbinare alle informazioni anche una degustazione per chiarirvi meglio le idee, non vi aspettiamo al Solferino per un delizioso assaggio del nostro Bunet, nella variante al caffè…
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