Spostiamoci qualche centinaio di metri a nord di Piazza Solferino.
Lo sapevate che nella zona tra Piazza della Repubblica e Piazza Emanuele Filiberto il sottosuolo è ricco di locali un tempo adibiti a ghiacciaie?
Nel passato, il ghiaccio era, con il sale, uno dei beni più preziosi per la conservazione del cibo, richiestissimo soprattutto dai macellai per evitare il deperimento delle carni, così come dai venditori di ortofrutta, terrorizzati dalle alte temperature. Rispetto alle altre città, Torino era avvantaggiata dalla vicinanza delle Alpi, dove c’erano vari ghiacciai utilizzati come cave, sia in Val di Susa che nelle Valli di Lanzo.
Ed infatti il ghiaccio, tagliato in blocchi di dimensioni facilmente trasportabili e che, allo stesso tempo, permettevano di farne arrivare a valle il più possibile, raggiungeva Torino avvolto in sacchi di juta bagnata, con cui si cercava di preservarlo il più possibile.
Il ghiaccio veniva conservato in luoghi in cui il passaggio di fiumi permettesse la conservazione ed anche la stessa produzione. Nella zona di Porta Palazzo il vicino fiume Dora permise per lungo tempo la formazione di ghiaccio da conservare nelle numerose Ghiacciaie Pubbliche. Si concentravano prevalentemente nella vicina Piazza Emanuele Filiberto, che all’epoca era soltanto un’angusta via dell’Isolato Santa Matilde.
Le prime ghiacciaie torinesi di cui si ha notizia erano localizzate tra Porta Palazzo e il Santuario della Consolata, disegnate in una cartina del 1753: si raccoglieva in depressioni naturali e artificiali l’acqua che arrivava dalla Dora attraverso una rete di canali. Ma si ha notizia anche di ghiacciaie a cui si aveva ingresso da via Giulio. Erano costruzioni tronco-coniche con copertura a cupola, forma che facilitava la conservazione del ghiaccio, di dimensioni notevoli, con diametro di una decina di metri e un’altezza di dimensioni simili; erano affiancate da discese elicoidali, che favorivano il movimento dei carri (nelle ghiacciaie oltre al ghiaccio c’erano anche le merci alimentari che aiutavano a conservare).
Piazza Emanuele Filiberto era invece un tempo denominata proprio “contrada delle ghiacciaie”. A conferma di ciò, durante gli scavi del parcheggio, nel 1992, vennero fuori i resti di tre ghiacciaie settecentesche. Di queste una è ancora perfettamente visibile, nella zona più bassa del parcheggio.
Nel 1845, l’architetto Barnaba Panizza progettò un ampliamento della strada che permise di costruire le ghiacciaie ipogee. Dapprima adibite parzialmente a depositi di carretti del mercato, nel 1873 venne ordinata la demolizione di alcune di esse poiché divenute “luoghi luridi e in continuo deperimento”. In sostituzione delle vecchie ghiacciaie fu costruito, a poca distanza, un esteso sistema di gallerie elicoidali tuttora utilizzate, il cui ingresso è in via delle Orfane 32.
Lunghe gallerie sotterranee disseminate a destra e sinistra di piccoli magazzini, delle dimensioni di un garage, ciascuno chiuso da un vecchissimo portone in legno a due ante.
In piazza della Repubblica, alcuni anni fa, sono state riportate alla luce due antiche ghiacciaie ipogee che si possono vedere nel Centro Palatino, l’opera dell’Archistar Massimiliano Fuksas che ha sostituito il Mercato dell’Abbigliamento.
Sono di forma circolare, con il pavimento leggermente inclinato, in modo da favorire la discesa dell’acqua del ghiaccio in scioglimento; nella parte superiore della volta hanno aperture coperte da grate, da cui si stipava il ghiaccio all’interno.
MA