Nell’anno 1532, quando il secondo giorno delle none di dicembre, festa della Vergine barbara, circa mezza notte, la Cappella del castello dove era conservata la Sindone prese fuoco per una causa sconosciuta. Accorsero tutti, ma il più zelante fu Philibert Lambert, Clavario e Consigliere del Duca, che, preso con sé un fabbro di nome Guillaume Pussod e due francescani, con grande forza d’animo si inoltrano tra le fiamme, rompono i cancelli incandescenti dell’altar maggiore ed estraggono la Sindone mentre si sta già fondendo la cassetta d’argento, e la riportano integra mentre intorno a loro il fuoco si ritira. Non molto tempo dopo la Sindone venne esposta al pubblico completamente integra, eccetto alcuni segni di bruciatura nelle pieghe – al di fuori tuttavia della figura del corpo della sacra icona – come a testimonianza perpetua del miracolo
Così Emanuele Filiberto Pingone, barone di Cusy, insigne storico, racconta la notte dell’incendio che a Chambery mise in pericolo nel dicembre del 1532 il sudario che da qualche anno era passato nelle mani dei Savoia.
Infatti i Savoia conservavano la Sindone nella loro capitale, Chambéry, dove nel 1502 avevano fatto costruire una cappella apposita e nel 1506 avevano ottenuto da Papa Giulio II l’autorizzazione al culto pubblico della Sindone.
Inizia qui la storia che collega questo misterioso sudario alla casta dei Savoia e inevitabilmente a Torino.
Dopo aver trasferito la capitale del ducato da Chambéry a Torino nel 1562 il duca Emanuele Filiberto decise di portarvi anche la Sindone. L’occasione si presentò quando l’arcivescovo di Milano, San Carlo Borromeo, fece sapere che intendeva sciogliere il voto, da lui fatto durante l’epidemia di peste degli anni precedenti, recandosi in pellegrinaggio a piedi a visitare la Sindone.
Emanuele Filiberto ordinò allora di trasferire la reliquia a Torino per abbreviargli il cammino, cammino che San Carlo percorse in cinque giorni.
La Sindone, però, non venne più riportata a Chambéry: da allora rimase sempre a Torino, salvo brevi spostamenti. Nel 1694 viene collocata nella nuova Cappella della Sacra Sindone, cappella appositamente costruita, edificata tra il Duomo e il Palazzo reale dall’architetto Guarino Guarini: questa è tuttora la sua sede.
Solo per due volte la Sindone abbandonò Torino, per esigenze di sicurezza.
Quando nel 1706 Torino era sotto assedio dei francesi, la Sindone venne trasferita per breve tempo a Genova; dopo questo episodio non si muoverà più per oltre duecento anni, rimanendo a Torino anche durante il periodo dell’invasione napoleonica.
Nel 1939, nell’imminenza della Seconda guerra mondiale, venne nascosta nel santuario di Montevergine in Campania, dove rimase fino al 1946; questo è a tutt’oggi il suo ultimo viaggio.
La più importante icona cristiana, fino allora custodita nella cappella di Torino, fu fatta trasportare alla cappella “Guido Reni” del Quirinale, dove risiedevano i Savoia, luogo che non fu ritenuto sicuro tanto che fu chiesto a monsignor Giovanni Battista Montini, sostituto della segreteria di Stato – il futuro papa Paolo VI – di accoglierlo in Vaticano. Ma, con l’entrata in guerra dell’Italia, anche la Santa Sede fu ritenuta poco adatta, mentre il luogo che offriva le maggiori garanzie di sicurezza e incolumità dalle incursioni aeree e da altri pericoli della guerra era certamente il santuario di Montevergine. Per più di sette anni il sudario fu custodito nel più assoluto segreto sotto l’altare della cappella dove i monaci benedettini recitavano il Vespro.
Diciotto anni fa, nella notte tra l’11 ed il 12 aprile del 1997, un terribile incendio si sviluppò nella cappella del Guarini del Duomo di Torino, danneggiando seriamente l’opera architettonica e un’ala di Palazzo Reale. I vigili del fuoco di Torino, dopo aver lavorato per più di due ore per circoscrivere l’incendio, riuscirono ad arrivare alla teca che custodiva la Sacra Sindone, mettendo in salvo la reliquia. Un anello di congiunzione con Chambery, in quasi 500 anni di legame tra la “Holy Shroud”, la storia dei Savoia e la città di Torino.
Nel 2002 la Sindone venne sottoposta a un intervento di restauro conservativo: furono rimossi i lembi di tessuto bruciato nell’incendio del 1532 e i rattoppi applicati dalle suore di Chambéry.
Da domenica al 24 giugno si rinnoverà il rito della Ostensione della Sindone, richiamando a Torino pellegrini da tutto il mondo.
MA