Dopo decenni di oblio, dagli anni Ottanta del Novecento, grazie alla tenacia di alcuni volonterosi ed intraprendenti vignaioli, il Timorasso, un vino prodotto nei colli tortonesi è protagonista di una grande riscoperta.
Il Timorasso è un vitigno rustico e vigoroso anticamente coltivato nell’Alessandrino ed in particolare dal Novese al Tortonese fino all’Oltrepò Pavese, sulle colline del Vogherese e in Val Borbera.
Segnalato nelle carte dei vini di alcuni dei migliori ristoranti italiani e stranieri, questo vino riscuote sempre più consensi e con Barbera e Cortese è il fiore all’occhiello dell’attuale vitivinicoltura tortonese.
In questa area è coltivato dal Medioevo, ed è citato nella prima enciclopedia agraria redatta nel XIV secolo dal bolognese Pier de Crescenzi. Tra i problemi del vitigno, che nei decenni passati hanno fatto sì che venisse in parte abbandonato, vi è la grande incostanza della sua produttività e le difficoltà di coltivazione e vinificazione.
Alla fine dell’ottocento era il vitigno maggiormente coltivato nel Tortonese. Ha poi conosciuto un lungo periodo di abbandono legato a livelli di produttività e resa inferiori rispetto ad altre uve, come ad esempio il Cortese. Attualmente, in Val Borbera è stato avviato un progetto per la rivalutazione del prodotto che inoltre viene anche vinificato nelle tre valli Tortonesi: val Curone, val Grue e valle Ossona.
A partire dagli anni Ottanta però, grazie all’iniziativa di Walter Massa, è cominciato un movimento di recupero e sperimentazione, che ha portato non solo alla realizzazione di vini bianchi unici nel panorama italiano per corpo e longevità, ma anche ad una rivitalizzazione del territorio Tortonese, dandogli visibilità e fiducia nelle proprie potenzialità. A dieci anni dalla stesura del disciplinare di produzione, con soli 50 ettari vitati, e 400.000 bottiglie annue, il Timorasso inizia a essere conosciuto e apprezzato in Italia e all’estero come vino d’eccellenza.
Il vino che si ottiene è un bianco corposo e di buona struttura, dai profumi fruttati e floreali molto delicati, dal colore giallo paglierino che con l’evoluzione vira verso il dorato. È adatto ad un breve invecchiamento. Nella sua variante “giovane” costituisce un ottimo aperitivo e si abbina perfettamente agli antipasti a base di verdure o a salumi poco stagionati. Nella variante stagionata si accompagna perfettamente ai primi piatti a base di tartufo, ai formaggi freschi, alle carni bianche ed ai piatti di pesce. E recentemente è stato sviluppato in versione spumante, ottimo da abbinare a piatti di pesce.
La produzione, molto limitata, ne fa un vino pregiato per veri intenditori appassionati.
Come nasce il Timorasso e perché questo nome? Una leggenda del tortonese racconta fiabescamente l’origine.
La leggenda narra che tale Gioacchino di Tonio, detto “il burbero”, allevatore nomade di capre vissuto verso la fine del 1200 nei monti al confine tra la repubblica di Genova ed il granducato di Milano, fosse talmente scontroso, rozzo e selvatico da non permettere a nessuno di avvicinarsi. La sua fama di violento crebbe col passare degli anni alimentando un alone di mistero e di terrore, che giunse fino alle città più vicine.
A causa di un inverno particolarmente lungo e rigido, Gioacchino fu costretto a scendere lungo la valle che portava verso il fiume Scrivia ed i domini del vescovo di Terdona (l’odierna Tortona). La sua presenza fu vista come un segno del diavolo e lo stesso territorio prese da allora il nome di Val del Burbero ed in tempi più recenti Val Burberia e poi Val Borbera.
Nei pressi della città l’eremita fu animalescamente attratto da una giovane ragazza, Donna Elisia della Colomba. L’uomo si avventò sulla ragazza e solo l’intervento di uno spasimante della ragazza, un certo Claudiano di Mario “Ottomani” riuscì almeno in parte a frenare l’eremita.
Durante la furiosa lotta, che vedeva Gioacchino prossimo ad uccidere Claudiano, le grida attirarono un certo Ser Valterio dei Massi un nobiluomo di campagna dai modi decisi e risoluti.
L’uomo iniziò a scagliare verso il capraio grosse pietre, abbondanti nei terreni tortonesi. L’eremita, si accasciò al suolo e chiese pietà a Valterio, Claudiano ed Elisia.
Da quel giorno Gioacchino divenne fedele servitore di Valterio e, vendute le capre, si dedicò ai lavori di vigna agli ordini del nuovo padrone. Claudiano ruppe con la vita dissoluta e volle seguire il signorotto nell’arte di fare il vino, rimettendo in ordine i suoi terreni incolti. Simile scelta fece Elisia, grata ad entrambi i valorosi cavalieri.
Elisia diventò la prima donna nella storia ad occuparsi della gestione di una vigna e fondò poco dopo l’ordine delle Madonne del Vino. Proprio a quel vino aspro e sincero che scaturiva dai colli, un bianco che nella durezza del carattere, nella sensualità e nella leggiadria ricordava i protagonisti della storia, decisero di dare un nome che ricordasse l’evento. Allo splendido estratto d’uva fu così assegnato l’appellativo di “Timor del Sasso”, da cui poi Timorsasso ed infine Timorasso.
Leggenda che si tramuta in realtà, sorseggiando ed apprezzando l’incantevole Timorasso, proprio nella produzione dei Vigneti Massa – Derthona.
Vi aspettiamo al Solferino, per abbinarlo a intriganti e freschi piatti estivi.