Fritto misto: il delicato equilibrio tra dolce e salato

Quando si decide di raccontare qualcosa di una istituzione della tradizione, di un totem della cultura gastronomica di una regione, ci si imbatte spesso in leggende e antiche storie che vere o false che siano, permettono di arricchire il piacere della degustazione, di percepire meglio ed in modo più profondo gusti e sapori.

Non può far eccezione il “Fritto Misto alla Piemontese”, un ambasciatore della regione che può narrare i suoi pregi ripescando nella memoria momenti importanti e divertenti.

Si potrebbe ad esempio raccontare di un intellettuale torinese noto ai più che nel corso di una dissertazione quasi filosofica, aveva con forza ed impeto risposto ad alcuni suoi detrattori:

“La verità si conoscerà solo tra qualche anno.

Adesso troppe sono le verità: è un po’ come il fritto misto piemontese”.

Ed ancora, giusto per guardare all’estremo oriente, un imprenditore cinese, nel corso di una riunione bilaterale con imprenditori piemontesi, aveva iniziato il suo discorso con veemenza:

“Siamo molto contenti di poter capire con voi oggi quali possano essere le possibili collaborazioni e convergenze future. E sarei molto contento di poter iniziare questa giornata di incontri ricevendo in dono la ricetta di quella magnifica pietanza che voi chiamate “Fritto Misto Piemontese”.

Ma come nasce la tradizione del Fritto Misto?

Si tratta di un piatto di antica tradizione popolare, quando ancora gli animali venivano macellati a casa e per sprecare il meno possibile, si cucinavano le frattaglie.

Gli animali di grossa taglia come l’agnello, il maiale o il vitello, dopo la macellazione, venivano suddivisi all’interno della famiglia allora patriarcale e le animelle, i rognoni, i filoni, la cervella, il fegato e i testicoli venivano impanati nel pan grattato e fritti in olio. Venivano poi serviti con i sanguinacci nel giorno festivo successivo alla macellazione.

Abbinando il dolce con il salato, è stata aggiunta la mela e l’amaretto (prodotti comunque piemontesi), oltreché carni miste e diverse verdure.

Resta comunque un piatto del “dì di festa”.

La moderna rivisitazione della ricetta, che conserva le caratteristiche di base del piatto, consiste in una selezione di oltre venti pezzi, tutti caratteristici della cucina piemontese, come filoni, granelle, animelle, croccanti e dorati insieme alle verdure rigorosamente di stagione e alle golosità dolci Piemontesi.

E per dare un tocco di unicità al piatto, accompagnatelo con fette di limone.

Quale vino abbinare?

E’ un piatto decisamente ricco, che viene servito molto caldo e richiede quindi l’accompagnamento di un buon vino rosso, dal carattere sincero e schietto, come ad esempio un giovane Grignolino d’Asti, con una buona acidità e di leggera struttura tannica, oppure una Freisa d’Asti Frizzante, che anch’essa ben si presta a piatti di questo genere.

Al Ristorante Solferino manteniamo ancora immutati i canoni di preparazione del piatto e per esaltarne al massimo le caratteristiche, preferiamo prepararlo su richiesta dei clienti, con prenotazione per almeno 2 persone e 2 giorni di anticipo. Vogliamo che la vostra esperienza possa essere indimenticabile!

 

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