Se si vuole indicare un periodo che racchiude in sé la creatività e la passione italiana negli ultimi due secoli, non si può non individuare i venti trent’anni a cavallo tra ‘800 e ‘900, quando l’inventiva e la spinta all’innovazione ha portato sia nell’arte che nella tecnologia e nella scienza un’ondata di novità ed un vento di cambiamento.
La nostra storia inizia proprio alla fine del XIX secolo, quando un giovane pasticcere fiorentino si trasferì ad Asti.
Nella città piemontese, già al tempo rinomata per la produzione del Moscato d’Asti, Cocchi sperimentò varie combinazioni enogastronomiche dei suoi dolci con i vini locali finché non decise di aprire una sua propria azienda vinicola con l’intenzione di produrre vini aromatizzati e spumanti d’accompagnamento.
Ironia della sorte, in un virtuale scambio tra Firenze ed il Piemonte, proprio nel capoluogo toscano, attorno al 1919, sulla base del vermouth, nasceva nell’aristocratico Caffè Casoni in Via de’ Tornabuoni il cocktail Negroni.
Il conte Camillo Negroni, per variare dal suo abituale aperitivo Americano, chiese al barman Fosco Scarselli di aggiungere un po’ di gin in sostituzione del seltz, in onore degli ultimi viaggi londinesi. Il nuovo cocktail divenne noto come “Americano alla moda del conte Negroni”, ovvero un Americano (Vermouth, bitter e soda) con un’aggiunta di gin, e in seguito prese il nome del conte stesso.
Intanto ad Asti, il poliedrico Cocchi si dimostrava un grande esperto di marketing: la sua idea fu di aprire rivendite autorizzate dove degustare i suoi prodotti. Nel 1913 c’erano già sette filiali di degustazione Cocchi in Piemonte, che in breve divennero 12.
A corollario della continua sperimentazione e del grande successo commerciale, una nuova corrente artistica e di pensiero, il Futurismo, abbracciava la ricerca mixologica.
Durante gli anni Venti, vari intellettuali appartenenti all’avanguardia Futurista utilizzarono i prodotti dell’azienda per miscelare delle “polibibite”, (nome autarchico che sostituiva l’americano cocktail) ed intanto molti artisti della corrente disegnavano la promozione, i marchi e le stesse bottiglie, come ad esempio il geniale Fortunato Depero.
E così fu per l’iconico galletto dell’Americano Cocchi, disegnato secondo alcune fonti da Leopoldo Metlicovitz, celebre illustratore e artista grafico triestino, noto per i suoi lavori in ambito pubblicitario. Il galletto striato, con la sua forma stilizzata e distintiva, è diventato un simbolo riconoscibile del marchio Cocchi e viene ancora utilizzato oggi per identificare i prodotti dell’azienda, rappresentando sia la sua funzione di aperitivo (“dà la sveglia all’appetito”), che uno dei simboli della città di Asti.
La passione e la tradizione si sono conservate nel tempo, rinvigorite dall’acquisizione dell’azienda da parte della famiglia Bava, che a partire dal 1978 ha lavorato a rafforzare il marchio, risollevando i prodotti tradizionali ed affiancandone di nuovi.
Tra i tanti prodotti della linea, uno in particolare ci piace ricordare, forse perché nella nostra splendida piazza, un simbolo della Torino d’arte lo richiama, il Teatro Alfieri.
DOPO TEATRO VERMOUTH AMARO, un “vermouth della sera” chiamato Dopo Teatro per la tradizione piemontese di bere una piccola coppa di vermouth fresco accompagnato da una scorza di limone alla sera, magari proprio dopo aver assistito ad uno spettacolo nel buio della platea.
Pronti a degustarlo, con gli altri prodotti Cocchi, al Ristorante Solferino?