Un Rivale a Tavola: Storie di Motori e di attori al Solferino

Ci sono attori che sono volti, e ci sono attori che sono mappe. Luoghi abitati da altre vite. Li vedi seduti a un tavolo, qui al Ristorante Solferino, e non sai mai chi hai davvero di fronte. Se l’uomo, o la legione di fantasmi che si porta dentro. E così, quando a pranzo è passato Daniel Brühl, per un attimo l’aria si è fatta più rarefatta, più densa, carica dell’eco di rombi lontani e di un odore quasi percettibile di benzina e olio bruciato. Un cortocircuito. Perché vederlo qui, nel cuore di una Torino che di motori è madre e santuario, è stato come assistere a un duello leggendario consumato, finalmente in pace, davanti a un piatto di agnolotti.

Brühl non è un attore qualsiasi. È uno che con i motori, e con gli uomini ossessionati dai motori, ha stretto un patto di sangue. È un lavoro strano, quello di un attore. Prendi un uomo, lo svuoti, e lo riempi con l’anima di un altro. Daniel Brühl, in questo, è un maestro artigiano. Lo ha fatto con una precisione chirurgica, quasi disumana, quando è diventato Niki Lauda in Rush. Non lo ha imitato. Lo ha dissezionato, studiato, e infine lo ha ricostruito dentro di sé: quel modo di pensare a scacchi, l’intelligenza affilata come un bisturi, la determinazione spietata, l’accento che era una barriera e una firma. Per un’ora e mezza di film, lui era il computer, l’austriaco metodico che vedeva la pista non come un nastro d’asfalto, ma come una sequenza di problemi da risolvere. L’antitesi del rock and roll, l’eroe della logica. E te lo immagini, qui a tavola, a scegliere un vino con la stessa, identica, implacabile concentrazione.

Ma il bello, con gli attori-mappa, è che non contengono mai una sola strada. Gira l’angolo della sua filmografia e ti imbatti in un’altra bestia sacra, un altro tedesco testardo e geniale. Roland Gumpert. Il capo di Audi Sport in Race for Glory. E qui, la storia si fa ancora più torinese, più nostra. Perché se Lauda era un rivale su pista, Gumpert era l’avversario totale. L’ingegnere, il visionario un po’ folle che scatenò la potenza brutale della trazione integrale Quattro contro l’eleganza funambolica della Lancia 037. Era Davide contro Golia, con la differenza che Golia, questa volta, aveva un motore a cinque cilindri che urlava come un demone.

Poi, a pensarci bene, c’è una giustizia poetica nel vedere l’uomo che ha incarnato Gumpert, Ingegnere Audi, l’acerrima rivale della Torino a quattro ruote – pranzare serenamente nella città italiana simbolo dell’auto. Una tregua, una resa. Un armistizio dei sapori.

Brühl, in quel film, è l’essenza della Germania da corsa: la forza della tecnica, la pianificazione, la convinzione quasi arrogante che i cavalli e la tecnologia potessero battere l’arte di arrangiarsi, l’ingegno e il cuore matto del team Lancia. E vedere lui, proprio lui, l’uomo che ha dato un volto al nemico perfetto della leggenda Lancia, mangiare tranquillo nel cuore della città che quella leggenda l’ha partorita, è un colpo di teatro meraviglioso. È come se il generale dell’esercito avversario, a guerra finita, venisse a rendere omaggio al genio del suo nemico, sedendosi alla sua tavola.

Ecco cosa succede, quando le star vengono al Solferino. Non vedi solo un attore famoso. Vedi un garage della memoria che si apre. Daniel Brühl si è alzato, ha salutato ed è uscito per le strade di Torino. E chissà se, camminando sotto i portici, non si sia portato dietro non solo il sapore di un buon pranzo, ma anche l’eco di quelle due anime. Un pilota intrattabile e un ingegnere implacabile. Due tedeschi formidabili, due rivali storici, venuti a firmare un trattato di pace. Proprio qui. Nella città che, più di ogni altra, sa ascoltare la musica silenziosa di un motore che ha fatto la storia.

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