Come ormai abbiamo imparato, la stagione fredda a cavallo tra il 2015 ed il 2016, non ha assolutamente voluto portarci temperature polari, regalandoci un periodo di temperature miti e di giornate soleggiate.
Tra danze della pioggia e l’invocazione “coram populo” di venti sostenuti che spazzassero via la cortina di smog sulla città, siamo forse arrivati al momento in cui la colonnina di mercurio deciderà di contrarsi sul serio, fino a sfondare la barriera dello zero.
Dopo tanti rinvii, sembra proprio che il prossimo weekend possa regalarci veri brividi…
Ed allora al Solferino non abbiamo perso un attimo ed abbiamo messo a punto i piatti della tradizione che meglio si accompagnano alle basse temperature ed alla voglia di pranzi e cene senza sciarpa e cappotto.
Iniziamo allora una divertente e gustosa carrellata delle nostre proposte. E presto vi racconteremo di altre portate…
Vogliamo parlare della Trippa?
I greci la cucinavano sulla brace, mentre i romani la utilizzavano per preparare salsicce. Oggi la trippa costituisce un alimento tradizionale di molte regioni d’Italia, in particolare della cucina del nord e romana. Viene tagliata a strisce e quindi cotta in maniere diverse. La trippa richiede per la sua preparazione un lungo tempo di cottura, necessario sia per acquistare la giusta morbidezza, che per potersi impregnare degli aromi che le conferiscono un sapore appetitoso.
Al Solferino la serviamo in Umido, riprendendo influenze gastronomiche sia Brianzole che Liguri che lo rendono un piatto di tradizione locale, ma a forte vocazione internazionale.
A Milano la busecca, come viene chiamata in milanese, è considerata talmente emblematica che l’epiteto busecconi cioè mangia-trippa è divenuto una denominazione scherzosa dei Milanesi stessi.
E invece della finanziera cosa sapete?
La finanziera è un piatto tipico piemontese nato durante il medioevo (secondo piatto); la prima ricetta conosciuta risale al 1450 ed è stata proposta dal Maestro Martino. È un piatto tipico del Sud del Piemonte (Langhe, Roero, Monferrato) e ha subìto in seguito diversi rimaneggiamenti. Rimane comunque un piatto povero nato dal riutilizzo delle frattaglie (parti scartate durante la trasformazione dei galletti in capponi e di alcuni scarti di macellazione dei bovini). Una ricetta successiva della finanziera ha per titolo “salsa e ragout à la Financière” ed è attribuita a Giovanni Vialardi (datata 1800).
Secondo Sandro Doglio (Gran Dizionario della Gastronomia del Piemonte), la prima ricetta dal nome “Finanziera” di cui vi è traccia risalirebbe addirittura alla fine del Cinquecento, quando fu introdotta alla corte di Carlo Emanuele I. Da allora piatti con questo nome sono apparsi e riapparsi in versioni più o meno popolari o ”ricche”. Altri autori fanno risalire il termine alla giacca che sia i nobili dignitari sia gli uomini d’affari indossavano nell’Ottocento, la ”finanziera” appunto. Altrettanto accreditata è l’ipotesi che i contadini che si recavano a Torino per vendere i loro polli lasciassero le rigaglie dei polli come tributo ai “finanzieri” delle porte della città. Ma la tesi senza dubbio più attendibile è quella che Domenico Musci riprende da Brillat-Savarin nella sua “Phisiologie du goût”: le preparazioni “à la financiére” sono i piatti prediletti dagli uomini di finanza (banchieri) per dimostrare il loro buon gusto e benessere.
Nella cucina francese dell’800 la finanziera è utilizzata come contorno o guarnizione, mentre nel Piemonte dell’800 è un piatto diffuso, raffinato, inserito nei pranzi eleganti e di grandi occasioni, come le nozze, le celebrazioni ufficiali e i pranzi di gala.
Oggi è una vera prelibatezza: può essere presentata in tavola da sola come portata, oppure, riducendo proporzionalmente le dosi, come accompagnamento di un risotto bianco o uno sformato di verdure.
Vogliamo passare ad una zuppa? Il nostro chef non si fa di certo trovare impreparato…
La zuppa di cipolle è un piatto tradizionale di molti paesi, povero, fatto con delle semplici cipolle, economiche e reperibili tutto l’anno. La zuppa più rinomata però, è quella francese, la parigina «soupe à l’oignon» che si è trasformata nel tempo in un piatto raffinato preparato nei migliori ristoranti. Storicamente pare che la zuppa di cipolla fosse un’antica ricetta toscana del ‘500, che si gustava accompagnata da fette di pane toscano, e che fu Caterina de’ Medici a portare questa prelibatezza in Francia quando andò in sposa a Enrico II d’Orléans.
Nel nostro Paese la cipolla l’abbiamo sempre considerata buona, ma adatta solo per l’uso ristretto alla cucina per condimenti, soffritti, e poco altro. Ma la grande attenzione che negli ultimi anni si è riposta nella classificazione di cipolle molto differenti tra di loro, ha permesso di rispolverare antiche ricette. E’ il caso della zuppa di cipolle preparata con le cipolle di Andezeno e la cipolla dorata della Bassa Valle Scrivia. La cittadina della collina torinese ne produce diverse tipologie, la più diffusa e gustosa è la bianca, dal caratteristico sapore piccante e poco dolce, per la zuppa di cipolla è consigliabile la piatta, ottima per la cottura al forno. Servita ben calda e accompagnata da un buon vino rosso, che vi sapremo consigliare.
Vi siete fatti qualche idea?
Continueremo nei prossimi giorni, in barba al freddo, a raccontare la nostra cucina e le tradizioni, mentre il nostro chef ed il nostro team vi aspetta!