La Scrittura della Luce. Torino, le sue Opere e quel tempo sospeso al Solferino

Ci sono momenti in cui Torino smette di essere una città e diventa un racconto. Accade in quel confine esatto tra ottobre e novembre, quando la nebbia è ancora una promessa e la luce – quella vera – si arrende presto per lasciare il palcoscenico a un’altra luce. Quella inventata, quella che sa di magia.

È il tempo della passeggiata. Quella romantica, necessaria, a tratti struggente, con il naso all’insù nel cuore del centro. È il rito di scoprire, o forse solo rivedere – che è un modo più intimo di amare – le Luci d’Artista.

Sono tornate. E fino a gennaio cambieranno il volto delle serate sotto la Mole.

Ma quest’anno, in questa ventottesima edizione, c’è di più. Certo, c’è il conforto delle opere che riconosciamo, quelle che sono ormai il nostro paesaggio dell’anima, la calligrafia luminosa che ci aspettiamo di ritrovare.

E poi, c’è l’ignoto. Ci sono le nuove installazioni.

C’è l’emozione pura, quasi un sussurro, dell’inconfondibile scrittura al neon di Tracey Emin, una luce poetica e intensa donata alla città. E poi c’è il suono che si fa immagine, quel viaggio sensoriale nel cortile delle OGR che unisce i Soundwalk Collective, la voce leggendaria di Patti Smith e il minimalismo di Philip Glass.

È una Torino che brilla di nuovo. Brilla dell’energia di Riccardo Previdi, la cui opera si lega al gesto atletico, al movimento di quelle Nitto ATP Finals che stanno per infiammare la città. E brilla della riflessione sul tempo e la memoria dell’artista lituano Gintaras Didžiapetris.

Questo, vedete, non è più solo un museo a cielo aperto. È un dialogo. È la città che si interroga usando la luce.

E questo fine settimana, proprio questo (dal 31 ottobre al 3 novembre), l’aria non vibra solo di luci. Vibra di attesa, di rimbalzi, di un silenzio teso che precede l’applauso. Vibra di tennis.

La città si prepara ad accogliere il mondo, e c’è un luogo che, più di altri, è un porto sicuro in questa elettricità collettiva. Un luogo che è una casa. Il Ristorante Solferino.

Non è un caso. È storia. Il Solferino è, da sempre, il luogo dove le generazioni del tennis si incontrano a tavola. È il rito che si ripete, la tradizione che si siede accanto a te, il sapore che accompagna la vittoria e consola la sconfitta.

E per celebrare questa convergenza perfetta, di luci nuove, di sport, di vita, il Solferino ha deciso di fare una cosa straordinaria. Ha deciso di fermare l’orologio.

Durante questo lungo, intenso fine settimana, da venerdì 31 ottobre a lunedì 3 novembre, il Ristorante Solferino osserverà un orario continuato.

Cosa significa? Significa che il tempo si dilata. Che non esiste più la fretta del pranzo o l’attesa della cena. Significa che potrete uscire da quella passeggiata sotto la scrittura di luce della Emin, o dopo un match mozzafiato, e trovare un approdo. Alle tre del pomeriggio. Alle cinque. Quando vorrete.

Significa non spezzare l’incanto. È il lusso di un pranzo che sconfina nel pomeriggio, o di una cena che anticipa la notte, mentre fuori la città scrive la sua bellezza con la luce. È un rifugio che non chiude.

Perché ci sono giorni in cui la bellezza non può essere messa in pausa. E il Solferino, questo fine settimana, ha deciso di essere bellezza continua.

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