Il Ristorante Solferino: Dove le Generazioni del Tennis si Incontrano a Tavola

L’aria di Torino, con l’avvicinarsi di novembre, si carica di un’elettricità speciale, un’attesa che profuma di sfide epiche e di campioni pronti a scrivere nuove pagine di storia. Le Nitto ATP Finals sono ormai un appuntamento fisso, un rito che trasforma la città nella capitale mondiale del tennis. E in questo scenario di grande sport, c’è un luogo che è diventato, anno dopo anno, il punto di riferimento per i protagonisti del circuito: il Ristorante Solferino. Situato nel cuore della città, il Solferino si è affermato come il “ristorante dei tennisti”, un approdo sicuro dove le tensioni della gara si sciolgono nei piaceri della tradizione culinaria piemontese.

Quest’anno, per celebrare questo legame indissolubile, il Solferino ha creato un oggetto esclusivo per i suoi ospiti: un sottobicchiere in ceramica che richiama i temi delle ATP, un piccolo simbolo di un’unione che si consolida.

E in vista dei prossimi grandi appuntamenti cittadini, il Solferino ripropone una formula di successo già sperimentata in altre occasioni, comprese le precedenti edizioni delle ATP Finals: l’orario continuato. L’iniziativa partirà in occasione della Art Week e del Ponte di Ognissanti, da venerdì 31 ottobre a lunedì 3 novembre, per poi essere replicata proprio durante le ATP Finals, da venerdì 7 a domenica 16 novembre, offrendo a tutti la possibilità di vivere appieno l’atmosfera dei grandi eventi, dalle 12.15 alle 22.30.

Quattro Generazioni, Un’unica Passione

Sarebbe solo un esercizio di pura immaginazione, pensare a cosa accadrebbe se le quattro generazioni di tennisti che hanno varcato la soglia del Solferino si ritrovassero, per un istante, sedute allo stesso tavolo, ma proviamo insieme a farlo.

Da una parte, la gioventù sfrontata e potente di Jannik Sinner, il ragazzo che ha riportato l’Italia sulla vetta del mondo, con la sua fame di vittoria e il suo rispetto per la tradizione, come quando ha scelto la carne cruda di Fassone per una cena di relax prima della battaglia.

Accanto a lui, l’inossidabile Novak Djokovic, il cannibale dei record, l’uomo che ha trasformato la sua carriera in un’opera d’arte di longevità e determinazione. Lo si può immaginare mentre discute di dettagli, di perfezione, forse sorridendo al ricordo di una sua visita passata, un momento di quiete prima di tornare a dominare il campo.

E poi, con un balzo indietro nel tempo, ecco l’eleganza e il fascino di Gabriela Sabatini, la campionessa argentina dal rovescio incantevole, una figura che ha portato grazia e potenza nel tennis femminile. La sua presenza evoca un’epoca diversa, un tennis fatto di tocchi di classe e di un’intensità che sapeva essere anche poetica.

Infine, seduti a capotavola, i due “super” del tennis italiano, Adriano Panatta e Paolo Bertolucci. Con loro, si respira la leggenda, l’eco di un’impresa che ha segnato un’intera nazione: la vittoria della Coppa Davis nel 1976. Sono i pionieri, gli eroi di “Una squadra”, la docu-serie lanciata da Netflix che ha raccontato le loro gesta, facendo rivivere a un’intera nazione le emozioni di quella storica vittoria. Le loro risate, i loro aneddoti, riempirebbero la sala, unendo idealmente il passato e il presente del grande tennis in un unico, indimenticabile convivio.

A Proposito di Davis: ma è un’Insalatiera?

Il richiamo a Panatta e Bertolucci e alla loro storica impresa cilena porta con sé l’immagine iconica del trofeo della Coppa Davis. Ebbene sì, quella coppa, così ambita e prestigiosa, è affettuosamente soprannominata “l’insalatiera”. Ma dietro questo curioso nomignolo si nasconde una storia affascinante.

Tutto iniziò nel 1900, quando lo studente di Harvard e tennista Dwight F. Davis decise di creare un torneo a squadre tra USA e Isole Britanniche. Si recò da un argentiere di Boston e commissionò il trofeo, pagandolo di tasca sua la bellezza di quasi mille dollari dell’epoca. Il risultato fu un’imponente coppa in argento sterling che, per la sua forma larga e panciuta, ricordava proprio una zuppiera o, appunto, un’insalatiera. Pare che furono gli stessi giocatori americani, vedendola, a battezzarla con il soprannome che l’accompagna ancora oggi.

Ma un trofeo così amato non può che avere una vita avventurosa. L’insalatiera è diventata negli anni una compagna di festeggiamenti a dir poco fantasiosi. I francesi, negli anni ’20, la riempirono di champagne per brindare; gli australiani la usarono come vaso per i fiori; e i rumeni, capitanati da Ion Tiriac, nel 1972 la portarono in un ristorante di Bucarest per mangiarci una zuppa! Non sono mancati gli incidenti: nel 1988 la squadra americana, durante i festeggiamenti, la fece cadere, ammaccandola vistosamente. La coppa, alta ormai più di un metro e pesante oltre 100 kg a causa delle tre basi aggiunte nel tempo per incidere i nomi di tutti i vincitori, è un vero e proprio monumento itinerante del tennis, testimone di trionfi, storie incredibili e qualche piccolo disastro.

Il Solferino: la Casa dei Tennisti a Torino

Il legame tra il Ristorante Solferino e il mondo del tennis è ormai una certezza, un racconto che si arricchisce di nuovi capitoli ad ogni edizione delle Nitto ATP Finals. È diventato un luogo dove i campioni si sentono a casa, dove possono ritrovare un momento di autenticità e di calore umano, lontano dai riflettori e dalla pressione del torneo. E per gli appassionati, sedersi a uno dei tavoli del Solferino durante i giorni delle Finals significa respirare un’atmosfera unica, con la possibilità, chissà, di incrociare lo sguardo del proprio idolo. Un motivo in più per vivere la magia del grande tennis a Torino. E per provare a scommettere su chi sarà il nuovo “Re con racchetta” di Torino.

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